Più che come un trattato didattico, L’abbandono alla divina Provvidenza si presenta come una sorta di «confessione» nel senso agostiniano della parola, benché non abbia un carattere autobiografico. È un messaggio che si potrebbe paragonare bene al Cantico spirituale di san Giovanni della Croce o al Libro dei dialoghi di santa Caterina da Siena: un poema il cui soffio mistico, ispirato al Cantico dei cantici, ai Salmi e all’Apocalisse giovannea, si eleva ad accenti quasi profetici. Sotto l’aspetto di una vita semplice, di «segreto senza segreto», di «arte senz’arte», questo piccolo trattato offre la dottrina pratica dell’abbandono, che può condurre fino alla più eminente perfezione dell’unione divina.