A differenza delle altre religioni, il primo cristianesimo non aveva luoghi di culto, cerimonie pubbliche, un calendario sacro né propri cimiteri. Era nato con la discesa sulla Terra del figlio di Dio che predicava l’uguaglianza tra le genti, la filantropia, la fratellanza, la redenzione da un peccato originale per ottenere la salvezza dell’anima nell’aldilà; tutto assolutamente inedito. Niente a che vedere con la religione romana fatta da dèi distanti da rabbonire per motivi più politici che trascendenti. Il cristianesimo era dunque visto come un movimento profondamente sovversivo, che allontanava i fedeli dalla vita pubblica, stranieri rispetto a essa in quanto “cittadini del Cielo”. Iniziarono così le persecuzioni per smantellare questa comunità invisibile e, pertanto, profondamente pericolosa. Nel tempo, però, il cristianesimo si era trasformato in un fenomeno visibile che, inserito nel tessuto religioso dell’impero, aveva toccato anche gli strati più alti della società: si era sostituito ai vari culti orientali e pagani e si era dotato di luoghi di culto e di forme di controllo della vita morale dei suoi fedeli e di salde strutture comunitarie. Divenuto un movimento di massa, rese la Chiesa quasi un’alternativa all’impero. Il problema non era più eludibile, meno che mai risolvibile con le persecuzioni. Fu Costantino a comprendere la forza del cristianesimo, realizzando con determinazione l’identificazione dell’Ecclesia con lo Stato, per eliminare la contraddizione di una società cristiana in uno Stato pagano.