Alberto Toscano analizza la figura del leggendario ciclista Gino Bartali, vincitore di tre Giri d’Italia e due Tour de France, a partire da tutti gli aspetti del suo essere: l’uomo, lo sportivo, il credente, il marito fedele «di due mogli» (la sua bicicletta da corsa e quella in carne e ossa, Adriana), l’antifascista, l’anima controversa e schiva lacerata dalla morte prematura del fratello Giulio. Un uomo giusto, che preferiva inimicarsi il potere piuttosto che concludere una gara col saluto romano. La sua religiosità ha giocato un ruolo importante nell’avversione verso le leggi razziali, nel rifiuto dei simboli della dittatura, oltre che nello straordinario dinamismo della rete clandestina nata nel 1943 per nascondere e salvare moltissimi ebrei. Per questo motivo oggi leggiamo il suo nome sul Muro dei Giusti al Memoriale di Yad Vashem a Gerusalemme. «Ginettaccio» non amava parlare dei suoi meriti extra sportivi e tantomeno dei suoi «chilometri per la vita», percorsi fra la Toscana e l’Umbria per salvare gli ebrei perseguitati, procurando loro i documenti falsi, che nascondeva nell’intelaiatura metallica e nella sella della sua bicicletta. Non lo considerava un gesto fuori dal comune, ma la reazione che ogni persona dovrebbe avere di fronte alla vita minacciata degli altri. Un esempio di umanità per ricordarci la nostra. Un esempio importante soprattutto nei momenti difficili della nostra storia passata, presente e futura. Questo libro e la storia, quella piccola del ciclismo di fronte a quella del mondo, ci ricordano una cosa: che davanti a profonde ingiustizie, diritti e libertà negati, atrocità come quelle attuate dal nazifascismo, ribellarsi è giusto. E Bartali lo sapeva, molto prima che lo scrivesse Sartre. Gianni Mura, dalla Prefazione Bisogna leggere il testo di Alberto Toscano. Vi prende come un’avventura e restituisce al tempo stesso una pagina mancante al libro sempre attuale e appassionante della vita. Marek Halter, dalla Postfazione