Dopo la conquista del potere da parte dei nazisti, Charlotte Beradt inizia a raccogliere i sogni di centinaia di persone, suddite del Terzo Reich. L’intuizione di Beradt è che questa “indagine onirica” possa costituire una sorta di “sismografia” della vita nel Terzo Reich. Come ha scritto Reinhart Koselleck nella prefazione, queste fantasie psichiche “non offrono una rappresentazione realistica della realtà, e tuttavia illuminano di una luce particolarmente abbagliante quella realtà da cui scaturiscono. I sogni narrati ci conducono in modo esemplare nelle nicchie della vita quotidiana, apparentemente privata, in cui penetrano le onde del terrore e della propaganda. Testimoniano del terrore prima scoperto, poi strisciante, del quale anticipano l’evoluzione violenta”. Georges Didi-Huberman ha scritto che il libro di Beradt permette di capire “come un’esperienza interiore, la più ‘soggettiva’, la più ‘oscura’ che esista, possa apparire come un barlume per gli altri non appena trova la forma giusta per la sua costruzione, per la sua narrazione, per la sua trasmissione”, trasformandosi così in “conoscenza clandestina”, in “sapere eterotopico”.