«Essere radicale vuol dire cogliere le cose alla radice e la radice delle cose è l’uomo», così il venticinquenne Marx nella Introduzione a Per la critica della filosofia del diritto di Hegel (1843) riassumeva il senso di un programma teorico e di un impegno personale che avrebbero scandito anche gli anni della maturità e della vecchiaia: rimettere nel giusto verso il mondo capovolto dagli idealisti, criticare l’economia politica che nascondeva l’origine e le cause dello sfruttamento, fondare l’umanesimo nuovo di una società diversa, essere sempre rivoluzionari fino alla fine. Nei suoi primi trent’anni di vita, Marx (1818-1883) porta in fondo la resa dei conti con la filosofia speculativa e la critica dell’economia politica, pone le fondamenta delle opere della maturità, è costantemente protagonista delle lotte dei lavoratori e delle agitazioni rivoluzionarie di quegli anni, fino alla stesura del Manifesto del partito comunista e alle rivoluzioni che sconvolgeranno l’Europa nel 1848. La denuncia del lavoro alienato, la critica della naturalità dei bisogni, la falsa coscienza delle ideologie, la critica dello Stato: molto del pensiero e delle intuizioni del giovane Marx continua ad essere di grande attualità.