Il 3 dicembre 2019 lo storico americano Timothy Snyder si presenta in un ospedale di Monaco, in Germania, con forti dolori addominali. Viene ricoverato, ma il mattino successivo lo dimettono. Di lì alla fine del mese si trova a lottare tra la vita e la morte: un'appendicite non diagnosticata per tempo ha causato un'infezione grave, che gli ha prima aggredito il fegato e poi si è trasmessa al sangue. Entro il marzo 2020 Snyder gira cinque ospedali, tra Europa e Stati Uniti, e viene operato più volte. Mentre riflette sulla propria condizione - tra rabbia ed empatia, paura e voglia di vivere - mette in fila pian piano i tasselli di un ragionamento più ampio. La salute è uno dei diritti umani fondamentali, eppure non sempre e non dappertutto è riconosciuta come tale; al contempo, le libertà civili di cui l'America e l'Occidente vanno tanto fieri non hanno alcun valore se i cittadini stanno troppo male per goderne. In altre parole, un governo che non si preoccupa di fornirci cure adeguate ci priva non solo della salute, ma anche della libertà.
Nel frattempo esplode la pandemia del nuovo coronavirus e le considerazioni di Snyder si caricano di un senso più profondo, allargandosi a tutta l'umanità. I pazienti affetti da Covid-19 hanno messo in crisi gli ospedali di ogni Paese. Decine di migliaia di persone hanno perso la vita per la mancanza di personale medico, strumenti, farmaci o attrezzature; ma anche perché troppi politici hanno affrontato l'emergenza con un misto letale di ignoranza, calcolo personalistico e disonestà.
Posto di fronte a un periodo decisamente buio della propria vicenda umana e della storia mondiale, Timothy Snyder riflette sulla condizione in cui ci troviamo, sui mali che affliggono le nostre «società avanzate» e sui fattori che ci hanno portati dove siamo. Il risultato è un appassionato grido d'allarme per il nostro futuro, ma anche un insieme di «lezioni» per poter uscire da questa impasse. Con la speranza di creare un mondo in cui tutti siano veramente liberi.